Il palermitano Enrico Onufrio traversò come una meteora, da entusiasta scapigliato meridionale, la vita e la letteratura, spegnendosi ventisettenne ad Erice nel 1885. Impresse tuttavia i segni della sua rapinosa creatività in tre raccolte poetiche (Barbarie, Momenti, Albàtro), nella saggistica (Le formule del bello e dell`arte, Metrica e poesia, La conca d`oro. Guida pratica di Palermo, Il sentimento della natura nel Poliziano), nel giornalismo e soprattutto nel settore privilegiato della narrativa (con le novelle della Spugna d`Apelle del 1882 e col romanzo L`ultimo borghese del 1885).
Partecipò alla “grande conversazione” di fine secolo, entrando in contatto con i più bei nomi della vita letteraria del tempo, dal Verga al Capuana, dal Rapisardi al Cavallotti, da Cletto Arrighi a Cesare Ronconi, da Sommaruga ai fratelli Treves, da Olindo Guerrini a Edmondo De Amicis.
Qui si raccolgono, insieme con Cecchina e Uno scherzo al marito – pubblicate dapprima in volume a Cagliari (nella cui Biblioteca Comunale se ne conserva una copia), nel 1877 – le novelle disperse nelle polverose pagine dei giornali cui Onufrio collaborò durante il suo decennio creativo (1876-1885), e non più ristampate: ancora stillano scapigliatamente, quale più quale meno, il piacere della scrittura del giovanissimo narratore siciliano, cui non difettò la dote fondamentale dell`affabulazione, mostrando, nel contempo, una faccia della Sicilia e del mondo che ancora inquieta.

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Enrico Onufrio, nato a Palermo nel 1858 e morto ventisettenne ad Erice nel 1885, ha lasciato tracce luminose del suo precoce ingegno nei territori della narrativa, della poesia, del giornalismo e della saggistica di fine Ottocento. Di questo sfortunato scrittore, caro a Verga e a Rapisardi, Giuseppe Rando ha già rinverdito gli allori, ristampando, dopo più di un secolo di colpevole dimenticanza dei suoi conterranei, la raccolta di novelle intitolata La spugna d`Apelle e pubblicando in volume, dopo averle strappate dalle pagine ingiallite dei giornali dell`epoca, le stupende Novelle disperse: tra queste L`adultera del cielo, da sola, franca la spesa.
L`italianista messinese torna ora ad occuparsi dello “scapigliato siciliano”, raccogliendo in volume una nutrita serie di scritti dispersi, che servono egregiamente a fissarne definitivamente l`immagine.
Nelle due sezioni del libro (Scritti letterari e Saggi di Varia umanità) risaltano i tratti caratteristici della personalità multiforme del palermitano: il piglio vorace del giornalista di razza, l`ardore dell`intellettuale democratico e socialista, la sagacia del critico, la limpidezza della scrittura, cui conferisce un indubbio, particolare incanto il dono sovrano dell`ironia.
Il ritratto di Giovanni Verga, i giudizi puntuali e rigorosi sul primo D`Annunzio, su Carlo Dossi, su Emilio Praga, sui Promessi sposi colgono nel segno.
Per non dire dell`ammiccante affabulazione del memorialista e dell`acume speciale del cultore di tradizioni popolari.

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