Un viaggio attraverso la storia dei fari Siciliani, e il tributo, doveroso, a tutti coloro che hanno dedicato la loro vita alla gestione dei segnalamenti marittimi, i Fanalisti e le loro famiglie, che hanno condiviso, nel corso dei decenni, tutte le difficoltà legate all’isolamento, al clima, ai trasferimenti.
“…già in epoca preistorica segnalazioni notturne favorivano la navigazione e l’approdo lungo le nostre coste. “Lux in tenebris” potrebbe essere il motto dei Fanalisti, di quanti da sempre si sono dedicati alla segnalazione di passaggi pericolosi nelle nostre acque. Ruolo salvifico quello di chi accendeva il “Fanum” o fanale, il faro, e non a caso spesso tale compito, che pretendeva la veglia nelle ore notturne, era assunto da monaci o da religiosi che con il proprio sacrificio aiutavano i naviganti segnalando il pericolo. E proprio per sopperire a tali esigenze i fari quasi sempre erano posti in luoghi isolati, difficili da raggiungere, in posizione strategica, spesso problematica e ai margini del territorio. Tali condivisioni particolari, inconsuete anche in considerazione che l’impegno riguardava le ore della notte, ha conferito, sin dalle origini un particolare fascino al luogo ed al ruolo dove si svolgeva l’attività del fanalista.Tutti questi aspetti vengono presi in esame nello studio di Giovanni Bonfiglio, a partire dalle origini lontane per procedere progressivamente nell’evolversi di questa originale professione analizzandone ogni aspetto: dalla normativa legislativa che ne regola l’azione, alla disamina della strumentazione tecnica che si evolve rapidamente nel corso degli ultimi due secoli sino a giungere al pressochè totale automatismo che ha del tutto ridimensionato la vita e il lavoro del fanalista. Una disamina puntuale, meticolosa, una ricerca che attinge non solo a fonti bibliografiche ma si avventura in intrigate ed intriganti ricerche di archivio che rivelano aspetti inaspettati del particolare mondo dei fari e dei fanalisti”.